La redazione incontra Paola Nicolò, voce dei Glueckners.

La redazione incontra Paola Nicolò, voce dei Glueckners.

Come hai scoperto la tua passione per la musica? C'è stato un momento specifico che ti ha spinta ad intraprendere questa carriera?         

Fin da bambina sono stata attratta dalle tre arti performative canto, danza e recitazione. Amavo i musical, ballavo in continuazione, sentivo l’esigenza di esprimermi attraverso queste arti perché mi emozionavano, mi sentivo viva. Poi crescendo ho maturato la voglia di approfondirne la tecnica ritrovandomi coinvolta in prima persona in questo meraviglioso mondo artistico, superando gli esami di ammissione in Canto al Conservatorio, frequentando il LIM - Accademia di musical dello IALS di Roma e partecipando a un numero indefinito di seminari in giro per l’Italia con nomi del calibro di Rossana Casale, Francesco Gazzè, Maria Laura Baccarini ecc. fino a quando nel 2010 sono stata coinvolta in questo ambizioso progetto firmato Glueckners, in continua evoluzione.

Qual è stata la tua ispirazione principale nel creare la tua musica?

Mettere su carta i miei pensieri e stati d’animo mi permette di esorcizzare tutte quelle emozioni forti che se non fai uscire dalla testa ti incatenano e rischiano di farti sprofondare. Vedo carta e penna come una sorta di pensatoio magico dove raccogliere e proteggere ogni singolo sentimento e immagine della mia mente.

Quali sono i temi o le esperienze che solitamente affronti nelle tue canzoni?

Dipende dai momenti. Storie, emozioni delle più disparate. Mi piace spaziare a seconda del mio stato d’animo. Insieme ai Glueckners, per esempio, abbiamo fatto un lavoro di ricerca delle tradizioni e leggende della nostra terra la Calabria. In The Book of legends, album d’esordio della band editato da Miseria e Nobiltà SAS di Milano e Ideo Music, i testi narrano miti come la Fata Morgana, U Fudittu ma anche storie realmente accadute come “La Mano di pietra” ispirata alla tragedia degli Alberti di Pentedattilo, narrata in prima persona da Antonietta unica sopravvissuta alla strage di quella lontana notte di Pasqua del 1786. Insieme a Teddy Condello autore delle musiche e Paolo De Benedetto curatore della maggior parte degli arrangiamenti abbiamo sviluppato diversi temi mantenendo quel sound coinvolgente tipico delle terre d’Irlanda, contaminandolo con elementi di Rock Progressive e Pop.

Qual è il processo di scrittura della tua musica? Da dove trai ispirazione per i testi e le melodie?

Come dicevo dipende molto dal mio stato d’animo e dal contesto in cui vivo in un determinato momento, a volte parto da un pensiero scritto, altre volte da una cellula musicale. Insieme a Teddy Condello per esempio, si è creata ormai una collaborazione forte e istintiva, talvolta la creazione di un nostro brano parte da un’idea musicale di Teddy, altre volte da un mio testo scritto, altre ancora capita che ci si lasci ispirare dal momento ed è allora che parole e musica cominciano a fluire quasi contemporaneamente. L’amicizia di lunga data e la stima reciproca nei confronti di Teddy rende tutto molto semplice.

Hai avuto modelli o artisti che ti hanno influenzato nella tua carriera musicale?

Nell’ambito della musica celtica un colosso a cui mi ispiro continuamente è Loreena Mc Kennitt. La sua voce, il suo stile, la profondità delle sue interpretazioni mi ammaliano ogni volta che la ascolto. Amo per il resto il Jazz, il Soul e il Country. All’interno della band per esempio lo stile che sicuramente ci lega è l’Irish music ma, se mi fermo a pensare, abbiamo gusti musicali dei più disparati. Paolo il violinista per esempio è fan sfegatato di Angelo Branduardi e amante della musica classica, come d’altra parte il flautista Luigi, l’arpista Aurora e il batterista/percussionista Giuseppe, tutti Maestri di strumento e musica. Teddy è amante del Prog anni 70/80. Questa eterogeneaità si percepisce all’interno dei nostri brani.

Qual è stata la tua performance più memorabile o emozionante finora?

 Sicuramente la nostra ultima performance a Sanremo Rock, dove ci siamo esibiti con il nostro singolo “Quello che resta di me”. Arrivare tra i primi 9 in finalissima su  migliaia di candidati iniziali e calcare il palco della canzone italiana per eccellenza è stata un’esperienza da brividi. Esibirsi all’Ariston è per noi motivo di orgoglio e grande soddisfazione.

Come descriveresti il tuo stile musicale? C'è un genere specifico in cui ti identifichi o sei aperto a sperimentare diversi generi?

Insieme ai Glueckners nel tempo abbiamo sviluppato un sound particolare che ci identifica molto, di matrice celtic/folk ma con contaminazioni Prog e Pop/Rock.

Qual è il messaggio che vuoi trasmettere attraverso la tua musica?

Un messaggio sicuramente di libertà, spensieratezza ma soprattutto di rivalsa sulle difficoltà che la vita ci propone quotidianamente attraverso esperienze e storie immaginate e vissute.

Come gestisci il bilanciamento tra la tua vita personale e la carriera musicale?

Non mi pongo il dilemma. Una cosa non esclude l’altra. La musica ha sempre fatto parte della mia vita, ne è parte integrante quindi chi mi sta vicino vive quello che sono, lo accetta e ne ama i contorni e i risvolti. Quando ti circondi di persone che ricambiano il tuo amore incondizionatamente alla fine un equilibrio lo trovi sempre. 

Qual è il tuo sogno nel mondo della musica? Ci sono obiettivi che desideri raggiungere?

Vivere di questo fino alla fine dei miei giorni ed esibirmi sui palchi più prestigiosi del mondo. Ce la possiamo fare.